12 molecole della longevità: lo studio per vivere più a lungo
Come vivere oltre i 100 anni? Lo studio che svela il mistero del sangue dei centenari
- Introduzione: Vivere oltre i 100 anni: il sogno di molti, la realtà di pochi
- Lo studio: le 12 molecole della longevità
- I risultati: Il colesterolo e il ferro, i linfociti T CD4 citotossici
- Conclusioni: Nuove prospettive per la longevità
Vivere oltre i 100 anni è il sogno di molti, ma la realtà di pochi. Solo il 2,7% delle persone nate tra il 1893 e il 1920 ha raggiunto la soglia dei centenari, e ancora meno sono i supercentenari, coloro che hanno superato i 110 anni. Qual è il loro segreto? Una nuova ricerca pubblicata sulla rivista GeroScience ha cercato di rispondere a questa domanda, analizzando il sangue di migliaia di persone in Svezia per oltre trent’anni. Lo studio ha identificato una serie di fattori genetici e molecolari che sembrano contribuire alla longevità, aprendo nuove strade per la medicina preventiva e il miglioramento della qualità della vita.
Lo studio
Lo studio, condotto da un team internazionale di scienziati, tra cui alcuni dell’Istituto Karolinska, ha esaminato le molecole presenti nel sangue di circa 45.000 persone, nate tra il 1893 e il 1920, che si sono sottoposte a test clinici tra il 1985 e il 1996. L’obiettivo principale della ricerca era individuare i fattori biologici che contribuiscono alla longevità, attraverso un’analisi dettagliata del sangue. I ricercatori hanno seguito l’evoluzione dei parametri ematici di queste persone fino al 2020, confrontando i risultati con quelli di individui più giovani. In questo modo, hanno cercato di individuare le differenze molecolari che potrebbero spiegare come alcune persone vivono più a lungo e con una salute migliore rispetto ad altre.
Tra le 45.000 persone coinvolte nello studio, circa 1.200 hanno vissuto fino a 100 anni o più, entrando così nella categoria dei centenari. Gli scienziati hanno analizzato i dati di queste persone a fondo, scoprendo che la loro salute non era solo una questione di genetica, ma anche di una combinazione di fattori metabolici e immunitari che sembrano rallentare il processo di invecchiamento. L’analisi ha portato all’individuazione di 12 molecole chiave, legate a tre aspetti fondamentali: il metabolismo, l’infiammazione e la funzionalità degli organi principali, come i reni e il fegato.
Tra queste molecole, alcune si sono rivelate particolarmente significative per la longevità. Ad esempio, i livelli di colesterolo e ferro nelle persone longeve erano spesso più alti rispetto a quelli di individui che non vivevano così a lungo. Questo dato è sorprendente, poiché alti livelli di colesterolo sono solitamente associati a rischi per la salute, come le malattie cardiovascolari. Tuttavia, in questi soggetti, livelli elevati di colesterolo sembravano essere legati a una maggiore capacità di resistenza del corpo.
Al contrario, i livelli di glucosio, creatinina, acido urico e alcuni enzimi epatici erano generalmente più bassi nei centenari, indicando un metabolismo sano, ridotti livelli di infiammazione e un buon funzionamento di organi vitali come il fegato e i reni. Questi risultati suggeriscono che l’equilibrio metabolico gioca un ruolo chiave nella longevità, permettendo a queste persone di mantenere una salute stabile anche in età avanzata.
Un altro risultato cruciale dello studio riguarda il sistema immunitario. I ricercatori hanno scoperto che i supercentenari (cioè coloro che vivono oltre i 110 anni) presentano livelli eccezionalmente elevati di un particolare tipo di cellule immunitarie: i linfociti T CD4 citotossici. Queste cellule, di solito note per aiutare il sistema immunitario a combattere le infezioni, sembrano assumere una funzione speciale nei supercentenari. In questi individui, infatti, queste cellule sembrano diventare capaci di eliminare direttamente le cellule infette o tumorali, proteggendo così il corpo dalle malattie tipicamente associate all’invecchiamento, come il cancro e le infezioni croniche.
I risultati suggeriscono che il segreto per vivere oltre i 100 anni non si trova solo in uno stile di vita sano, ma anche in un sistema immunitario che evolve e si adatta per combattere le minacce che il corpo incontra con l’avanzare dell’età. Questo potrebbe spiegare perché i supercentenari riescono a evitare malattie debilitanti per gran parte della loro vita, mantenendo una buona qualità della vita anche negli ultimi anni.
Lo studio ha inoltre evidenziato che la longevità non è solo il risultato di fattori biologici, ma può essere influenzata anche da una combinazione di genetica, ambiente e stile di vita. L’alimentazione, l’attività fisica, l’assenza di vizi come il fumo e l’alcol, insieme a una buona rete sociale e a una gestione efficace dello stress, possono contribuire a migliorare la salute e prolungare la vita.
Questi risultati aprono nuove prospettive per la ricerca sulla longevità e sullo sviluppo di terapie mirate a rallentare il processo di invecchiamento. Ad esempio, gli scienziati stanno già esplorando la possibilità di sviluppare trattamenti che imitino l’effetto delle molecole chiave individuate in questo studio, nella speranza di replicare i benefici osservati nei centenari. Inoltre, l’identificazione di marcatori biologici della longevità potrebbe permettere, in futuro, di prevedere la durata della vita di una persona e fornire indicazioni per migliorare la sua salute a lungo termine.
I risultati
Tra le molecole individuate come particolarmente importanti per la longevità, due in particolare hanno destato l’attenzione degli scienziati: il colesterolo e il ferro. Sorprendentemente, in contrasto con quanto comunemente si pensa, alti livelli di colesterolo e ferro nei supercentenari sembrano essere indicatori di un prolungato benessere fisico e longevità. Generalmente, livelli elevati di colesterolo sono associati a problemi cardiovascolari e ad un maggiore rischio di infarto o ictus. Tuttavia, nei centenari, sembra che il colesterolo giochi un ruolo differente, probabilmente dovuto a una migliore gestione metabolica o a un particolare equilibrio nel loro organismo. La spiegazione potrebbe risiedere nel fatto che questi individui possiedono meccanismi di protezione più efficaci contro i danni causati dall’ossidazione del colesterolo, che invece nelle persone più giovani o meno longeve può portare a malattie. È possibile che questi supercentenari abbiano sviluppato una capacità innata o acquisita di metabolizzare meglio il colesterolo, trasformandolo in una risorsa invece che in un rischio.
Lo stesso discorso vale per i livelli di ferro. Generalmente, alti livelli di ferro possono causare problemi come l’emocromatosi, una malattia che porta all’accumulo di ferro negli organi, danneggiando il fegato, il cuore e altre parti del corpo. Tuttavia, in queste persone longeve, il ferro non sembra accumularsi in modo dannoso. Piuttosto, il ferro elevato potrebbe essere legato a una maggiore capacità del sangue di trasportare ossigeno, contribuendo a mantenere elevata l’energia e l’efficienza fisica anche in età avanzata. La capacità del corpo di regolare il metabolismo del ferro potrebbe quindi essere una chiave per la longevità.
Al contrario, il glucosio, la creatinina, l’acido urico e gli enzimi del fegato risultano essere bassi nei centenari, segno di un metabolismo sano e di una ridotta infiammazione. Il glucosio è un indicatore diretto del metabolismo degli zuccheri: livelli costantemente alti, come quelli che si riscontrano nel diabete, sono correlati a un invecchiamento accelerato e a una serie di complicazioni che possono compromettere la salute generale. Nei supercentenari, invece, i livelli di glucosio sono controllati, suggerendo che il loro corpo riesce a gestire meglio l’insulina e a prevenire i danni metabolici associati al diabete. Un metabolismo equilibrato come questo riduce il rischio di malattie croniche e prolunga la vita.
La creatinina, un prodotto di scarto del metabolismo muscolare filtrato dai reni, è un altro indicatore di buona salute nei centenari. Livelli elevati di creatinina possono segnalare una funzionalità renale compromessa, spesso comune nelle persone anziane. Nei centenari, livelli bassi di creatinina indicano che i loro reni funzionano in modo ottimale, contribuendo a mantenere il corpo libero dalle tossine e dalle scorie metaboliche. L’acido urico, che può accumularsi in forma di cristalli nelle articolazioni e causare la gotta, è anch’esso più basso nei supercentenari, il che suggerisce che il loro corpo ha trovato un equilibrio per evitare queste condizioni dolorose e debilitanti.
Gli enzimi del fegato, come le transaminasi (ALT e AST), sono marker di infiammazione e di stress sul fegato. Livelli alti di questi enzimi indicano danni al fegato o infiammazione sistemica. Nei supercentenari, i livelli di questi enzimi sono bassi, suggerendo che il loro fegato è in buona salute e non è sottoposto a stress continuo, il che potrebbe riflettere una dieta equilibrata, uno stile di vita sano e una ridotta esposizione a tossine.
Ma la scoperta più sorprendente dello studio riguarda il sistema immunitario, in particolare un tipo di cellule noto come linfociti T CD4 citotossici. Normalmente, i linfociti T CD4 aiutano altre cellule del sistema immunitario, come i macrofagi e i linfociti B, a combattere le infezioni, ma non sono direttamente coinvolti nell’eliminazione delle cellule infette. Tuttavia, nei supercentenari, questi linfociti T sembrano acquisire una capacità aggiuntiva, diventando citotossici, cioè capaci di uccidere direttamente le cellule infette o tumorali.
Questo fenomeno è particolarmente interessante perché suggerisce che il sistema immunitario dei supercentenari si adatta con l’età, diventando non solo più efficace nel combattere le infezioni, ma anche più aggressivo nel prevenire lo sviluppo di malattie gravi come il cancro. Nei supercentenari, la presenza di un numero elevato di queste cellule suggerisce che il loro sistema immunitario abbia trovato un equilibrio unico: è abbastanza forte da combattere le infezioni, ma non così reattivo da causare infiammazioni croniche, che possono accelerare il processo di invecchiamento.
Gli scienziati hanno osservato che i supercentenari hanno una concentrazione molto elevata di questi linfociti T CD4 citotossici nel sangue, molto superiore a quella delle persone più giovani o dei normali centenari. Questo indica che queste cellule potrebbero essere uno dei fattori chiave che consentono a queste persone di vivere così a lungo e di rimanere relativamente libere da malattie gravi fino agli ultimi anni di vita.
Il professor Piero Carninci,, vicedirettore del RIKEN Center for Integrative Medical Sciences (IMS) e tra i principali autori dello studio, ha spiegato che queste cellule potrebbero rappresentare un adattamento evolutivo che accompagna la longevità. Secondo Carninci, il sistema immunitario dei supercentenari non si limita a rispondere alle infezioni, ma sembra essere in costante “battaglia” contro le minacce che possono compromettere la salute in età avanzata. Questo potrebbe spiegare perché queste persone, pur avendo un’età molto avanzata, riescono a evitare molte delle malattie comuni che affliggono gli anziani, come il cancro, le malattie cardiovascolari e le infezioni croniche.
Carninci sottolinea che non è ancora chiaro quale sia il target naturale di questi linfociti T CD4 citotossici, ma è probabile che siano particolarmente efficaci nel riconoscere e distruggere cellule tumorali o cellule infette da virus che colpiscono frequentemente l’uomo. Uno degli obiettivi futuri della ricerca sarà capire meglio come queste cellule funzionano e se è possibile sfruttare questo meccanismo per sviluppare nuove terapie anti-invecchiamento o anti-cancro.
In effetti, questa scoperta ha implicazioni enormi per il campo della medicina. Se si riuscisse a capire come potenziare o attivare i linfociti T CD4 citotossici nelle persone più giovani o in quelle a rischio di sviluppare malattie croniche, si potrebbero aprire nuove strade per la prevenzione e il trattamento del cancro e di altre malattie legate all’invecchiamento. Inoltre, se si riuscisse a replicare l’adattamento immunitario dei supercentenari, si potrebbe sviluppare una strategia per prolungare la vita delle persone comuni, mantenendole in buona salute anche in età avanzata.
Questa ricerca potrebbe anche aiutare a spiegare perché alcuni individui sembrano “resistere” meglio di altri all’invecchiamento e alle malattie. Potrebbe non essere solo una questione di genetica, ma anche di come il sistema immunitario si adatta e risponde agli stress dell’invecchiamento. In altre parole, non è solo la durata della vita che conta, ma anche la qualità di quella vita, e il sistema immunitario sembra giocare un ruolo cruciale in questo processo.
In sintesi, lo studio ha rivelato che non solo i parametri metabolici e gli organi vitali come i reni e il fegato sono cruciali per la longevità, ma anche il sistema immunitario ha un ruolo chiave. I linfociti T CD4 citotossici rappresentano una delle scoperte più promettenti in questo campo, offrendo nuove prospettive per lo sviluppo di terapie che possano non solo prolungare la vita, ma anche migliorare la qualità della vita in età avanzata.
Conclusioni
Lo studio ha evidenziato che i supercentenari sono caratterizzati da una salute eccezionale per la maggior parte della loro vita, mantenendo un benessere fisico e una lucidità mentale sorprendente fino agli ultimi anni. Questa resistenza all’invecchiamento non riguarda solo il loro corpo, ma anche la capacità di mantenere attive funzioni cognitive fondamentali. Il professor Piero Carninci, uno degli autori dello studio, ha sottolineato quanto sia cruciale esplorare in modo più approfondito altri tessuti dei supercentenari, come il cervello e i muscoli, per comprendere i complessi meccanismi biologici che permettono loro di invecchiare così bene. Lo studio di queste persone straordinarie potrebbe rivelare segreti ancora più profondi sulla longevità.
La ricerca apre nuove prospettive non solo per il campo della biologia dell’invecchiamento, ma anche per lo sviluppo di terapie innovative. Un’area particolarmente promettente è quella legata alle cellule immunitarie, che potrebbero essere utilizzate per rallentare il processo di invecchiamento o combattere malattie legate all’età, come il cancro o le infezioni. In futuro, grazie a questa ricerca, potrebbe essere possibile prevedere la durata della vita di una persona semplicemente attraverso l’analisi di un campione di sangue, permettendo di attuare trattamenti preventivi personalizzati per migliorare la salute e la qualità della vita in età avanzata.
Fonte independent.co.uk
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